PAROLE, PAROLE, PAROLE

“…Parole soltanto parole, parole tra noi…”

Così cantava Mina nel 1972, raccontandoci la storia di una donna stanca di un uomo che anziché agire le riempie la testa di chiacchiere.

A volte le parole ci fanno arrabbiare.

Perché sono troppe. Cerchiamo chiarezza ma inciampiamo nelle ridondanze. Siamo confusi dal rumore e circondati da fronzoli che trasformano sassi in marshmallow.  Tante, troppe parole ci distraggono dal cuore del discorso.

Altre volte ci arrabbiamo perché non ci sono. Le perdiamo, o meglio,  non troviamo quelle giuste. Siamo in preda ad una tempesta emotiva: la lingua si attorciglia, i muscoli si tendono,  nella nostra mente c’è un mondo ma, in quel preciso momento, siamo incapaci di esprimerlo.

 

Ho perso le parole…Eppure ce le avevo qua un attimo fa.

Ligabue

 

Come facciamo a fare pace con le parole?

Cerchiamole.

Adoro i libri. Non ne leggo mai uno solo per volta. Ne tengo 5 o 6 sulla scrivania, in ordine sparso accanto al computer, all’agenda e ad un numero imprecisato di penne e blocchi per gli appunti. Quando cerco l’ispirazione  apro un libro in un punto qualsiasi e leggo, sottolineando le frasi che mi colpiscono e le parole più interessanti. Quando non conosco il significato di una parola vado a cercarlo e provo a capire in che contesto potrò riutilizzarla.

Scoprire il significato di una parola sconosciuta è come calpestare una terra inesplorata: ti apre prospettive inattese.

La parola giusta al momento giusto.

Diffido dei sinonimi. Ogni parola ha un significato esatto che la rende diversa da tutte le altre. Sono le sfumature a far sì che ciascun termine sia unico e originale. Approfondendo i significati e valorizzando le differenze avremo una scrittura più incisiva e chiara.

A volte ci innamoriamo di ciò che scriviamo perdendo di vista la coerenza del discorso. Alcune parole sono belle ma non arricchiscono anzi appesantiscono il flusso narrativo. Se possiamo esprimere un concetto con meno parole tagliamo quelle in più: l’imperativo Less is more è sovrano!

 

Parole parole.

Le parole costruiscono mondi. Le parole distruggono mondi.

Le parole comunicano realtà. Le parole interpretano realtà.

Le parole erigono barriere. Le parole infrangono barriere.

Le parole inculcano timori. Le parole accarezzano cuori.

Le parole mettono ali.

#STORIE. UN LUNEDÌ DA FAVOLA

Il lunedì è dura tornare alla scrivania e per questo motivo ho deciso di cominciare la settimana in modo diverso così da alleggerirvi la mente e regalarvi un sorriso.

Conoscete la mia passione per le storie e giacché sono da poco tornata dall’ Irlanda oggi vi racconto una delle storie più amate della trazione irlandese.

Questa è la storia del Salmone della Conoscenza.

C’era una volta un ragazzo di nome Fionn che voleva conoscere tutto. Sua madre, stanca di rispondere alle sue domande lo mandò a vivere con due donne sagge. Le due donne gli insegnarono molte cose ma anche loro dopo un po’ si seccarono di rispondere alle sue domande e lo mandarono a vivere con l’uomo più saggio d’Irlanda, un certo Finnegas.

Ma nemmeno Finnegas sapeva rispondere ad ogni suo quesito e presto si stancò della curiosità del ragazzo.

A Fionn non piacevano le faccende di casa ma amava la caccia e la pesca. Un giorno, durante una battuta di pesca, catturò un grosso salmone. Quando Finnegas vide il salmone ne fu entusiasta e chiese al ragazzo di cucinarlo solo per lui, senza assaggiarne neanche un pezzetto. Fionn pensò che fosse ingiusto, in fondo il salmone era enorme e l’aveva catturato lui. Ma Finnegas era il suo maestro e fece come gli era stato detto.

il salmone della conoscenza fionn

Fionn cucinò il salmone e non ne assaggiò neanche un po’, tuttavia nel toglierlo dal fuoco si scottò un pollice. Per alleviare il dolore della scottatura si mise il pollice in bocca e lo succhiò, poi portò il salmone a Finnegas che gli chiese se ne avesse assaggiato un pezzo. Fionn gli rispose di no, ma gli parlò della bruciatura del suo pollice. Finnegas s’infuriò: quello non era un pesce qualunque, era il salmone della conoscenza!  Secondo la leggenda il salmone della conoscenza si era nutrito con le nocciole di un antico albero depositario di tutta la conoscenza del mondo e la prima persona ad assaggiarlo avrebbe acquisito tutta la sua saggezza.

Semplicemente rimettendosi il pollice in bocca Fionn sentì tutta la conoscenza del mondo nella sua testa. Qualsiasi tipo di domanda gli venisse in mente immediatamente trovava una risposta.

Crescendo Fionn divenne il capo dei Fianna, la più grande banda di guerrieri che l’Irlanda abbia mai conosciuto e ogni volta che aveva bisogno di sapere qualcosa gli bastava mettersi il pollice in bocca per avere una risposta.

Non ha mai più fatto domande da allora.

 

LA VERA STORIA DELLA BEFANA

Tanto tempo fa in una notte scura di un inverno freddissimo tre esploratori venuti da lontano bussarono alla porta di una piccola casa incontrata lungo il percorso. I tre uomini riccamente vestiti erano i Re Magi che si erano messi in cammino per rendere omaggio al bambino Gesù portandogli oro, incenso e mirra.

La casetta era abitata da una vecchia brutta e gobba, con il naso adunco ed il mento aguzzo, vestita di stracci, la Befana*! I Re Magi le chiesero dove fosse la strada per Betlemme e la invitarono ad unirsi a loro ma, nonostante le loro insistenze, lei li lasciò proseguire da soli dicendo loro che aveva troppe faccende da sbrigare.

Dopo che i Re Magi se ne furono andati la Befana sentì che aveva sbagliato a rifiutare il loro invito e decise di raggiungerli. Uscì a cercarli ma non riuscì a trovarli. Così bussò ad ogni porta lasciando un dono a ciascun bambino nella speranza che uno di loro fosse Gesù. Da allora ha continuato per millenni e nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio appare nei cieli a cavallo della sua scopa per elargire dolci o carbone, a seconda che i bambini siano stati buoni o cattivi.

Felice Epifania amici! 😉

remagi

*Curiosità: Il termine “Befana” deriva dal greco  “Epifania” (ἐπιϕάνεια) che significa  «apparizione, manifestazione» .

LASCIA SPAZIO ALL’INASPETTATO

 

Ogni 31 dicembre ci sediamo sul trampolino nell’ attesa del nuovo anno per lanciarci.

Il nuovo anno rappresenta la possibilità di aprire un nuovo libro, pieno di pagine bianche, sulle quali scrivere nuove storie.

Storie di avventure, di amori, di entusiasmi.

Storie emozionanti, di incontri, di sguardi. Nuove opportunità di lavoro, nuove cose da imparare.

Nuovi viaggi, e per viaggi non intendo solo quelli che prevedono lo spostamento in altri luoghi fisici, bensì l’attitudine a viaggiare con la mente, l’apertura a nuovi orizzonti, acquisendo nuove, inaspettate prospettive.

libro con pagine bianche

 

Prima di scrivere avevo un piano. Ma i miei pensieri mi hanno trasportato da un’altra parte. E mi è venuta in mente  una frase che ieri ho scritto sul mio quaderno delle ispirazioni:

LASCIA SPAZIO ALL’ INASPETTATO.

Il primo giorno dell’anno scriviamo una lista di buoni propositi e pensiamo che, pianificando in ogni piccolo dettaglio le nostre giornate, avremo il controllo della nostra vita.

E che questo controllo ci porti a “quella stabilità in grado di assicurarci la felicità”.

Qualcuno un giorno mi ha detto:

 

La felicità è come una farfalla:

se l’insegui, non riesci mai a prenderla,

ma se ti siedi tranquillo, può anche posarsi su di te

Nathaniel  Hawthorne – La lettera scarlatta

 

Più che buoni propositi quest’anno sulla mia lista ho scritto le parole del 2016. Le parole per me importanti, quelle in grado di cambiarmi la vita. Voglio condividerle con voi:

INTRAPRENDERE. Qualsiasi cambiamento parte dalla volontà di assumersi la responsabilità di fare qualcosa di diverso rispetto a quello che abbiamo fatto finora. Diceva il mio maestro Jim Rohn:Se vuoi che le cose cambino devi cambiare tu, se vuoi che le cose migliorino, devi migliorare tu”. Intraprendere significa mettere le proprie idee in movimento e far sì che qualcosa di nuovo produca dei nuovi risultati.

CORAGGIO.  Per andare avanti occorre percorrere strade sconosciute e spesso impervie. Per farlo occorre coraggio. È comodo starsene al caldo e lamentarsi che le cose non funzionano. Le persone di successo non sono fortunate. Sono disciplinate, costanti e coraggiose. Escono dalla loro zona di comfort e affrontano il mondo ogni giorno, mettendosi in discussione e crescendo sul campo. Solo così ottengono in cambio stima e gratificazione.

 

the best things

IMPARARE. Quello che più amo dei bambini è l’entusiasmo che esprimono nell’ apprendere in qualsiasi momento qualsiasi cosa da chiunque gli stia accanto. Sono delle spugne. Ma la loro capacità di imparare dipende in larga parte dal fatto che non abbiano pregiudizi né sovrastrutture in grado di frenarli. Sono curiosi e hanno il senso della felicità e per questo imparano velocemente. Torniamo bambini!

COMPRENDERE. Il 90% delle criticità lavorative e relazionali deriva dal modo in cui comunichiamo con i nostri interlocutori piuttosto che dal contenuto dei nostri pensieri. In altre parole pensiamo una cosa ma ne diciamo un’altra, il più delle volte sbagliando tono di voce e riponendo poca attenzione nella scelta delle parole. L’empatia è la dote che più ci aiuta nel relazionarci agli altri perché si fonda sulla sincera capacità di chi comunica di entrare nei panni di chi ascolta, assumendone il punto di vista. Spogliamoci del nostro ego e proviamo ad abbracciare il punto di vista degli altri. Con meno pregiudizi e più voglia di ascoltare riusciremo ad avere relazioni più serene e positive con chi ci sta intorno.

SORRIDERE. È una delle mie parole preferite. È semplice sorridere quando tutto va bene, eppure posso garantirvi che è possibile sorridere anche sotto la pioggia. Il sorriso è un atteggiamento mentale che esula dalle circostanze esterne perché è frutto di una consapevolezza interiore più profonda: la vita è un percorso ad ostacoli, non possiamo lasciarci abbattere dalle difficoltà, dobbiamo sviluppare resilienza. Solo reagendo riusciremo a vedere la bellezza racchiusa in ogni piccolo dettaglio e a sorridere di gusto.

Felice 2016!

 

 

SULLE TRACCE DEL PICCOLO PRINCIPE

Il film più atteso del nuovo anno.

La favola preferita da milioni di “ex” bambini di tutto il mondo.

File interminabili davanti ai botteghini per accaparrarsi i biglietti. Ieri finalmente la prima: Il Piccolo Principe è tornato!

Il film racconta la storia di una bambina alla quale una madre manager ha programmato ogni istante della vita. L’arrivo improvviso di un anziano aviatore stravolge la sua routine mostrandole il mondo da una nuova affascinante prospettiva. A questo punto della storia le pagine disegnate dall’ aviatore danno vita al racconto delle avventure del piccolo principe.

Mark Osborne, già regista di Kung Fu Panda, riesce a raccontare la storia di Antoine de Saint Exupéry  aggiungendo alla poesia dell’originale letterario una forte componente di attualità. Nell’ era del controllo la mamma manager pianifica al secondo il futuro di sua figlia tralasciando ciò che è davvero importante: l’amicizia, il gioco, l’immaginazione.  Il bizzarro aviatore con la semplicità racchiusa in un disegno e la gentilezza nel donare un fiore rappresenta l’invito a tornare all’ essenziale.

L’essenziale è invisibile agli occhi. 

Antoine de Saint Exupéry

La colonna sonora de Il Piccolo Principe, realizzata da Richard Harvey e Hans Zimmer, accompagna delicatamente ciascuna scena del film, enfatizzandone piacevolmente i momenti topici e incantando lo spettatore con la sua innocenza. Al dolce sottofondo delle scene iniziali subentra una vivace ritmica a punteggiare i momenti più attivi del film. L’arrivo della bambina dall’aviatore è scandito dalle note di Boum! di Charles Trenet che, insieme ad altri brani, dona alla narrazione un sapore francese dolce e spensierato.

Scene significative del film “Il Piccolo Principe”:

Meraviglioso l’ingresso della bambina nel mondo dell’aviatore: Un giardino fiorito e un aereo rosso sgangherato. Un paracadute colorato sotto cui rifugiarsi senza aver paura di ridere a crepapelle. Un deposito di oggetti in legno e una volpe alla quale cucire una bocca per parlare.

La bambina delusa torna a casa e aspira via tutte le stelle appiccicate al soffitto della sua stanza grigia. Le stelle rappresentano i sogni e le speranze.

La volpe animata libera la bambina dal “processo di essenzializzazione” con una graffetta, frutto della trasformazione di uno degli oggetti ritenuti “non essenziali” (bicicletta, canoa, vecchio aereo).

La bambina “perfetta” alla vista dell’ambulanza che porta via l’esploratore ruba una bicicletta e pedala sotto la pioggia per raggiungerlo.

La bambina rompe la campana di vetro e libera le stelle, surfando su di esse. Il piccolo principe può tornare a casa.

Audiolibro – Il Piccolo Principe

Sito ufficiale de Il Piccolo Principe

 

IL POTERE DELLE STORIE

Le storie funzionano meglio dei fatti. Le storie catturano l’attenzione. Le storie vengono ricordate e possono essere molto persuasive. Ecco perché le storie e lo storytelling sono diventati un argomento caldo nella comunicazione di marketing nell’era del “Content is the king”.

Le storie vengono ricordate. Molti studi di psicologia hanno dimostrato che i fatti vengono ricordati in modo più piacevole se sono parte di una storia. In uno di questi studi lo psicologo Arthur Graesser e il suo team proposero ad un gruppo sperimentale dei piccoli testi incentrati su familiarità, interesse e forza narrativa. I testi con maggiore intensità narrativa furono letti nella metà del tempo rispetto agli altri due tipi. Familiarità e interesse fecero meno presa sui soggetti dell’esperimento.

Le storie sono più memorabili dei fatti secchi. Le storie catturano la nostra attenzione perché sono interessanti, relazionali e coinvolgenti. Questo accade perché l’ascoltatore è coinvolto nell’informazione che gli viene comunicata ed il contenuto risuona in modo più piacevole rispetto alla recita dei fatti. Le storie diventano qualcosa da ricordare piuttosto che un elenco di fatti.

Le storie sono persuasive. Non è un concetto moderno: lo storytelling è utilizzato per persuadere da migliaia di anni. Esopo era uno storyteller e le sue favole risalgono al 560 a.C. Centinaia di studi supportano l’ipotesi che i fatti presentati come storie portino ai più grandi mutamenti nelle credenze e nei sentimenti, influenzando cambiamenti negli atteggiamenti, nelle intenzioni e nei comportamenti.

storie-che-meritano-di-esser-raccontatePerché le storie hanno così tanto potere?

Le storie sono persuasive perché inibiscono le obiezioni. Il potere della storia può distrarre il lettore e bloccare il sospetto. Studi confermano che una storia può ridurre la tendenza a controbattere i fatti condivisi. Poiché i messaggi non subiscono confutazioni essi possono arrivare interi in modo più piacevole senza perdere pubblico. Lo storytelling è particolarmente efficace quando riesce a comunicare messaggi che sono oltre la soglia di accettabilità da parte dell’ascoltatore.

Uno storyteller è spesso percepito come più autentico, credibile e piacevole rispetto ad una persona che riporta fatti in modo secco. Semplicemente raccontando una storia, un brand può segnare un punto senza essere percepito come ipocrita, artificioso o commerciale.

Le storie persuadono perché lasciano le persone libere di dedurre. Ricerche e senso comune ci dicono che lo scoprire da soli è molto più potente dell’ avere qualcuno che ci dice le cose. Il potere persuasivo di una storia si intensifica quando una storia include persone in un processo che gli psicologi chiamano trasporto narrativo. Il pubblico è trasportato dalla sua realtà nella storia: quando ciò accade percezioni, attitudini e intenzioni cambiano di riflesso alla storia. Più la storia appare reale maggiore è il suo impatto.

Le storie funzionano. La sfida è trovare le storie giuste da raccontare e utilizzarle per potenziare i tuoi messaggi chiave e cambiare le decisioni relative al tuo brand.

Typewriter What is Your Story
storytelling

#MOSTRE: CON GLI OCCHI DI UN BAMBINO

Ci abbiamo messo entusiasmo, orecchio ed energia.

Abbiamo mischiato le nostre competenze: Matteo la sua capacità di cogliere i dettagli, io la voglia di raccontare con poche parole le emozioni di una vita.

Indimenticabili le giornate trascorse ad ascoltare le storie raccontate dai nonni del paese. E buffi i momenti in cui ci perdevamo nel tentativo di comprenderli quando ci parlavano in dialetto stretto.

Con gli occhi di un bambino, racconto fotografico diventato una mostra, sarà in esposizione fino al 13 dicembre presso la sala espositiva dietro al Museo degli orologi di San Marco dei Cavoti (BN) in occasione della Festa del torrone e del croccantino . Tornate bambini e lasciatevi emozionare dai racconti dei nonni di uno dei borghi più belli d’Italia!

Dicono della mostra

In the making of….Con gli occhi di un bambino

 

CON GLI OCCHI DI UN BAMBINO

Una copywriter e un fotografo. Tre giorni in un piccolo borgo antico ad ascoltare storie e catturare istanti di vita. L’odore di cose buone, l’aria pulita e gli occhi lucidi dei nonni del paese.

Tutto è cominciato in un pomeriggio d’ispirazione a Salotto Scafarelli. Sentivamo crescere la voglia di raccontare le storie delle persone e il bisogno di sentire le emozioni che vanno oltre i confini della pelle e toccano l’anima di chi ti sta di fronte.

Nasce così Con gli occhi di un bambino, racconto fotografico di Matteo Anatrella e Maria Teresa Scafarelli  in mostra al Museo degli orologi di San Marco dei Cavoti (Benevento) dal 5 dicembre 2015, in occasione della Festa del Torrone , per raccontare la terza età in modo inaspettato.

Fotografia e parole s’intrecciano in un percorso narrativo che mette in luce l’essenza più vera di noi, quella che si sviluppa nel periodo dell’infanzia. Il titolo del progetto ne racchiude l’unicità: lo storytelling fotografico si articola su una prospettiva nuova, assumendo il punto di vista di un bambino e tracciando una linea di congiunzione con il narratore, un anziano che racconta i primi anni della sua vita.

Nel nostro percorso creativo abbiamo immaginato un abbraccio ideale che congiunge due generazioni, apparentemente distanti ma di fatto profondamente simili. Vogliamo raccontarne la delicatezza, l’ emotività, la fragilità e la bellezza.

20151112_130142(0)

SCRIVI IN ITALIANO, SALVA UN COPYWRITER.

CAMPAGNA SOCIALE PROMOSSA DAL MINISTERO DELLE MERENDINE.

Ogni 7 secondi un copywriter muore.

Mentre leggi questo articolo si sta consumando una tragedia.

Un copy è agonizzante davanti allo schermo del suo pc. Scorrendo tra le pagine dell’ultimo blog di tendenza ha scoperto che l’italiano è in via d’estinzione.

copywriter agonizzante

Ma c’è ancora un barlume di speranza. Tu, sì, proprio tu che stai leggendo ora, puoi salvare la vita di un giovane scrittore.

Esistono degli oggetti di forma rettangolare che raccolgono fogli, detti pagine, in cui, sotto forma di raggruppamenti di frasi, si annida il sapere. Tali oggetti si chiamano libri.

Si usavano prima dell’avvento della tecnologia, del perché con la x (xché) e degli emoticon, e non solo per metterli sotto il tavolo traballante o per schiacciare la zanzarina malefica che ci rompe le scatole davanti alla tv.

I libri salvano la vita ai copywriter perché evitano l’estinzione della nostra lingua.

La lingua riflette il nostro modo di pensare e i pensieri ci rappresentano nella vita di tutti i giorni. Dunque se scriviamo male vuol dire che non ci curiamo abbastanza del modo in cui comunichiamo i nostri pensieri.

“Le parole sono preziose, vanno pronunciate quando aggiungono qualcosa; se servono da sottofondo, preferisco la musica chillout”

SCRIVERE BENE ALLUNGA LA VITA

La lingua diventa brutta e imprecisa perché i nostri pensieri sono stupidi, ma la trascuratezza della nostra lingua ci rende più facile avere pensieri stupidi” .

George Orwellscrivere bene

Le parole sono magiche. Grazie alle parole possiamo rendere i nostri pensieri reali, trasformare l’invisibile in tangibile, mettere le ali ai nostri progetti.

Ma…C’è sempre un ma. La magia funziona a patto di utilizzare le parole giuste.

La nostra lingua è ricchissima di parole ma, di fatto, nell’esprimerci ne utilizziamo una parte molto esigua. Per usare una metafora: abbiamo una stanza enorme a nostra completa disposizione e ci accontentiamo di starcene in un angolino.

Ciascuna parola contiene in sé un significato preciso fatto di sfumature che la rendono unica e diversa da tutte le altre.

L’80% dei conflitti potrebbe essere evitato se imparassimo ad utilizzare le parole giuste al momento giusto. Quanti litigi dipendono dalle incomprensioni? Le incomprensioni derivano dal fatto che non ci adoperiamo abbastanza nella scelta delle parole quando ci confrontiamo con il nostro interlocutore. Non possiamo entrare nella testa delle persone e modificarne i pensieri, ma possiamo comunicare in modo tale da non esasperarli. A questo punto la domanda è:

Come migliorare la comunicazione ?

  1. Idee chiare. Se non avete le idee chiare su quello che volete comunicare emetterete messaggi confusi e chi vi ascolta non li capirà. Se siete preparati sull’ argomento da trattare le parole verranno da sole. Raccogliete le idee e scrivete in sequenza i punti che volete trattare. Già il fatto di scrivere vi renderà tutto più chiaro.
  2. Pensate agli effetti che produrrà la vostra comunicazione. La comunicazione è un flusso bilaterale tra persone (“concentrati di emozioni, testa e ormoni”), in cui la componente relazionale ha un grosso peso. A seconda del vostro modo di comunicare potete ottenere risultati diversi. Se vi porrete in modo gentile, raccoglierete gentilezza, viceversa un tono aggressivo attirerà chiusura e astio.
  3. Responsabilità. Se l’interlocutore non afferra il messaggio che gli state comunicando c’è qualcosa che non va. La comunicazione è un “gioco” in cui chi invia il messaggio si assume la responsabilità di sintonizzarsi con chi ascolta. Voi conoscete i contenuti da trasmettere, voi decidete il tono da utilizzare e sempre voi scegliete le parole per comunicare il vostro messaggio. Se vi sentite incompresi dal mondo forse è giunto il momento di rivedere la vostra comunicazione.

Chi parla male non vive necessariamente male, ma vive con una minore consapevolezza e, la consapevolezza, assieme all’ umorismo, è ciò che distingue l’uomo dal babbuino”. A. Zaltron