#EMOZIONI

Ho deciso di dedicare questa pagina agli incontri, alle storie e alle situazioni (eventi, mostre, viaggi) da cui traggo ispirazione ogni giorno. 

C’erano una volta al Salotto di Alice…

… La Scaf, una donna dai super poteri e un gruppo di esploratori di vita.

Decisero di incontrarsi in questo luogo incantato per comprendere in che modo modificare il loro copione di vita. La Scaf aveva organizzato l’incontro e aveva dato appuntamento al Cappellaio Matto per l’ora del tè. Intanto la donna dai super poteri – CO.CO.CO. (non si tratta di un nuovo tipo di contratto ma è l’abbreviazione di CONOSCENZA, CONSAPEVOLEZZA E COMUNICAZIONE) guidava gli esploratori alla scoperta del loro mondo interiore. E lo faceva attraverso le fiabe.

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La donna dai super poteri è Simona Vitale e l’incontro da favola è un workshop dal titolo: Miti, archetipi e fiabe, che si è svolto l’ 11 novembre scorso al Salotto di Alice.

Le storie hanno il potere di renderci la vita apparentemente più facile.

Da bambini grazie alle fiabe impariamo a riconoscere il bene dal male e a cavarcela da soli. Spesso ci identifichiamo con il protagonista della nostra favola preferita, indossandone i panni anche da adulti. Quindi raccontiamo a noi stessi che se ci comporteremo come lui/lei, tutto andrà bene. Nel momento in cui diventiamo consapevoli di questa dinamica  possiamo scoprire se il copione di vita che ci siamo auto-imposti è funzionale al nostro benessere o se sta ostacolando la nostra felicità.

Il workshop, basato sulle teorie di Eric Berne, è stato catartico e ricco di spunti interessanti.

L’atmosfera del Salotto di Alice è incantevole, tutti i partecipanti sembravano uniti da un filo invisibile fatto di estasi e tenerezza.

La bellezza ha pervaso ogni angolo di questo posto.

Un’ energia bella, soave era raccolta tutta qui. 

 

 

 

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La felicità è una cosa seria.

Questo è il motivo per cui ho scelto di invitare al Salotto di Alice il Felicitario.
E chi mai sarà costui?” – esclama il Bianiconiglio con aria dubitante.
Un personaggio uscito dalla penna della Scaf” – risponde lo Stregatto.
Beh, sarà mezzo matto come me, o meglio, come noi!” – dichiara il Cappellaio.
Ma il Felicitario esiste! È reale…ed è passato da qui.
Eccolo al Salotto di Alice!

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Il Felicitario è Stefano Scialpi, scrittore e formatore milanese, ma soprattutto “persona capace di tirare fuori il meglio di te” con gentile determinazione. A settembre è venuto a portare un po’ di gioia agli amici del Salotto di Alice con il suo workshop: “Meriti di ricevere“…una giornata meravigliosa e ricca di sorprese! 😀

 

#Cash Flow di Natale e Luci d’Artista

Un po’ di anni fa Jim Rohn mi ha detto:

Le persone di successo vanno contro la normale tendenza

e questo pensiero mi ha sempre incoraggiato nei momenti in cui mi sentivo “diversa” perché leggevo libri, seguivo corsi, conoscevo persone che mi aprivano la mente mostrandomi la vita da una prospettiva più ampia e stimolante.

Siamo la media delle 5 persone che frequentiamo di più.

                                                                                       Jim Rohn

Siamo calamite. Abbiamo la capacità di attrarre chi vuole essere come noi o chi si rispecchia nei valori che esprimiamo.

Mi sento fortunata perché in questi anni sono entrate nella mia vita persone extra ordinarie, in grado di ispirarmi attraverso il loro esempio e aiutarmi a crescere come persona prima che come professionista.

Questo è il mio gruppo di amici “manager“. Non lo sono per mestiere ( c’è un avvocato, un architetto, un maestro di yoga e un consulente aziendale) ma lo sono “di testa”.

Siamo tutti accomunati dalla convinzione che con impegno, studio e l’adozione di abitudini positive sia possibile trovare la propria autonomia finanziaria.

Insieme organizziamo delle serate in cui giochiamo a Cash Flow, in cui oltre a divertirci impariamo a migliorare la nostra gestione finanziaria. Ieri dopo la partita siamo andati a farci un giro prenatalizio a Salerno, per vedere le Luci d’artista…una serata FAVOLOSA! 🙂

#FELICITÀ. THE HAPPYNESS PROGRAM

9 – 10 – 11 dicembre 2016

Tutti desiderano essere felici, molti cercano la strada per raggiungere la felicità, alcuni la trovano e hanno voglia di condividerla con gli altri. 🙂

Nel corso degli anni ho imparato ad osservare quello che mi accade e a lasciarmi guidare dal mio intuito per arrivare alle risposte che cerco.

Ecco cosa mi è successo…

Tre mesi fa ho conosciuto un insegnante di yoga.

Non sono mai stata particolarmente attratta da questo tipo di disciplina ma sono curiosa e ritengo che la credibilità di una persona dipenda dalla coerenza tra quello che è e quello che fa.

Questo  giovane è intelligente, piacevole e ha un sorriso che esprime appieno il suo equilibrio interiore.  Diventiamo amici per cui ascolto il suo progetto e decido di ospitare l’Happyness program al Salotto di Alice.

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COS’ È L’ HAPPYNESS PROGRAM?

È un corso di tre giorni promosso dall’ organizzazione internazionale The Art of Living in cui impari ad essere più consapevole di te stesso e a ritrovare l’energia partendo dal tuo mondo interiore.

Si parla di equilibrio, felicità, appartenenza,  condivisione e responsabilità e lo si fa non solo in teoria ma sperimentando questi valori attraverso esercizi pratici con gli altri allievi del corso.

È stata un’esperienza molto piacevole che mi ha riempito di energia, gioia e benessere interiore.

Ho imparato alcune tecniche di respirazione (respiro Ujjay, Pranayama e Bhastrika) e ho vissuto un vero e proprio viaggio rigenerante con la meditazione Sudarshan kriya.

Ho sperimentato su me stessa come piccole abitudini quotidiane possano produrre cambiamenti significativi sul nostro benessere psicofisico, rendendoci più attivi, concentrati, creativi e vitali!  

La meditazione è un cibo per l’anima, perfetta per chi desideri migliorare la qualità della propria vita, imparare a gestire lo stress e stimolare la propria mente. 🙂

Vuoi info su The Art of Living? Clicca qui

#TEATRO DEI SENSI. 10 luglio 2016

Ieri sera pensavo di uscire con Francesca per andare a vedere uno spettacolo teatrale.

Invece sono entrata in un museo, mi hanno bendato e, ad un tratto, mi sono trovata in un villaggio.

Non potendo vedere ho ascoltato con un orecchio più attento le voci dei personaggi che di volta in volta mi hanno accompagnato in un questo inatteso percorso fatto di persone, odori, suoni e cose da toccare.

Quarantacinque minuti ricchi di curiosità, meraviglia, divertimento, scoperta, paura, riflessione, tenerezza.

Un viaggio alla scoperta di me, attraverso l’altro.

Non voglio raccontarvi altro. Le emozioni vanno vissute e, poiché è stata un’esperienza surreale e piacevole vi invito a sperimentarla sulla vostra pelle.

Lo spettacolo si chiama Il vecchio fango e si terrà fino al 14 luglio a Napoli, presso il Museo Diocesano in Largo Donnaregina vecchia in occasione del Napoli Teatro Festival Italia.

Ogni spettacolo è un viaggio di 45 minuti che ciascuno spettatore vive da solo.

La Compagnia che lo ha prodotto si chiama Teatro dei Sensi Rosa Pristina, è diretta da Susanna Poole ed è nata nel 2009 per dare seguito alla ricerca già cominciata nel Teatro de Los Sentidos di Enrique Vargas, con il quale ciascun attore ha collaborato mettendo in scena laboratori e spettacoli.  Il Teatro dei Sensi Rosa Pristina svolge una continua attività di ricerca sulla poetica sensoriale attraverso incontri laboratoriali anche gratuiti, destinati ad artisti e tecnici e laboratori di formazione teatrale per adulti e bambini.

Dai un’occhiata al sito del Napoli Teatro Festival Italia

 

#BRIVIDI D’ESTATE. 5 Luglio 2016

È una calda serata di luglio e il Real Orto Botanico di Napoli ospita la XVI edizione della rassegna Brividi d’Estate. Stasera va in scena la quinta replica di Regine. Coinvolgo un paio di amici e vado a vedere lo spettacolo…

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Regine racconta le storie di quattro eroine borderline rappresentate con intensità e delicatezza dalla straordinaria interpretazione dell’attrice Rosaria De Cicco.

Il primo racconto narra la storia di Mena che, per sfuggire alla povertà, si lega sentimentalmente ad un uomo che diventa il suo carnefice, immettendola in un giro di prostituzione. Una volta morto il suo aguzzino,  Mena prende le redini della situazione e si pone a capo della malavita locale. Dopo essere stata a lungo sfruttata ha imparato che “per vivere in questa città si deve intostare il cuore” .

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Poi c’è la teenager appassionata di social che affida ad un diario i turbamenti legati alle carenze affettive e alle attenzioni morbose da parte del compagno di sua madre. L’anoressia è “l’espediente” per attirare l’attenzione dei genitori adultescenti  incapaci di prendersi cura di sé stessi, figurarsi di lei.

Ivette è la Regina di fiori, fuggita dalla Somalia con un bimbo in grembo. Se fosse rimasta avrebbe dovuto sposare un uomo non voluto “per riparare alla sua situazione”. Nuota veloce Ivette e, proprio per questo, scampa al naufragio arrivando in Italia e riuscendo, da sola, a dare alla luce la sua creatura in una scena struggente e ricca di pathos.

L’ultima storia racconta, attraverso una conversazione telefonica, il rapporto proibito di due donne tra bisogno di conformarsi alle convenzioni sociali, egoismo e autolesionismo, frutto della sofferenza d’amore.

Grandissima la capacità della De Cicco di passare rapidamente da un ruolo ad un altro con maestria e assoluta credibilità.

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La Copy con Francesca Gerla, Rosaria De Cicco, Pino Imperatore ed il regista Giuseppe Bucci.

La Copy intervista Rosaria De Cicco:

Quale delle 4 Regine ti è entrata maggiormente nel cuore e perché?

Tutte le storie raccontate in Regine mi sono entrate nel cuore. Sai, per riuscire a coglierne l’anima mi devo innamorare di tutti i personaggi, ancora di più quando si tratta di ruoli complessi. In questo caso la figura più difficile da realizzare è stata di certo l’ultima, la donna innamorata di un’altra donna. Con il regista abbiamo lavorato molto alla caratterizzazione di questo personaggio, talvolta scontrandoci sul modo in cui rappresentarla. Per me era importante evitare di cadere nello stereotipo di una donna mascolina e di raccontarla attraverso un modo di amare che non ha distinzione di genere.  L’ho amata molto perché  si è sviluppata più tardi e, rispetto agli altri personaggi, più semplici da approcciare, ha rappresentato il “figlio discolo”, quello più difficile ma al quale vuoi più bene.

In ogni donna convivono più anime. In Regine vengono presentate quattro donne molto diverse, quale pensi sia il comune denominatore che le unisce?

L’elemento che accomuna le sorti delle quattro protagoniste è la sconfitta. Sono “eroine al contrario” che non si risparmiano e vanno avanti, ma, di certo, ciò che le accomuna è la sconfitta.

Nella seconda storia interpreti il ruolo di una teenager problematica. Che messaggio daresti alle giovani donne che vivono nell’ era dei social?

La regina di picche è una quindicenne che risente dell’incapacità dei genitori di gestirla. Vive una vita superficiale in balia dei modelli proposti dalla società perché non ha reali punti di riferimento. I suoi genitori sono separati, sua madre “cerca di interpretare il ruolo della madre” limitandosi a dirle cosa fare e cosa no (“Mangia!”) ma non sa neanche gestire sé stessa. Suo padre la vizia per farsi perdonare le sue manchevolezze e la presenza di fidanzate sempre più giovani. Il messaggio che sento di dare alle giovani generazioni è questo:

La scuola e la famiglia sono spesso carenti nei vostri confronti. Non lasciate che questo vi fermi. Non lasciate che la superficialità s’impadronisca di voi. Siate curiose, leggete, continuate ad imparare. Là fuori c’è un mondo da scoprire, pretendete dalla vita gli strumenti per crescere. Create!

La prossima rappresentazione di Regine sarà venerdì 8 luglio 2016 a Cava de’ Tirreni (SA) presso la Corte Rinascimentale Casa Apicella in occasione della IV edizione del Premio LI CURTI.

#RISATE. 13 Giugno 2016.

Giovedì scorso ho ricevuto un invito a teatro per un evento organizzato dal punto vendita Fastweb di via Chiaia (Napoli). Il titolare, Salvatore Bifani, è un imprenditore vulcanico con la passione per la comicità.

Il teatro si chiama Zona Vomero ed è nato un anno fa per iniziativa di Michele Caputo, attore napoletano figlio di programmi come Pippo Chennedy Show, Zelig e Colorado Cafè.

Arrivo in platea “da cliente” e mi godo due ore di spettacolo che volano in un soffio. Lo show è un rapido susseguirsi di personaggi sui generis: dal figlio di famiglia Mario Albano all’ esilarante duo “Li vedi”, dal monologo su Gomorra di Ciro Principe al biologo Ciro Coppola passando per il “porno attore” Genny Ruocco e il pimpante Luca Frescofiore con il suo racconto degli anni 80.

La cosa mi piace e, dopo lo spettacolo, vado a cena con gli attori che condividono con me pensieri, esperienze, situazioni. E allora il giorno dopo eccomi pronta a raccogliere la storia di questo teatro raccontata dalle parole di chi lo ha davvero desiderato: Michele Caputo.

Zona Vomero nasce dall’ idea di voler offrire a delle piccole compagnie uno spazio in cui poter provare, che rappresentasse una valida alternativa ai grandi teatri napoletani. Al momento il teatro ospita diversi  progetti: Comicon Stage, Komikamente, Colorado Lab e altri spettacoli di prosa.”

Comicon stage è una scuola di recitazione comica giunta alla terza edizione dove un gruppo composto da 15 allievi acquisisce le tecniche e i modi della comicità contemporanea, studiando tempi  e dinamiche tipiche della situation comedy.

gruppo comici

Komikamente è un progetto nato al Teatro Diana 5 anni fa e diventato un trampolino di lancio per diversi attori approdati poi a Zelig (come per es. Chicco Paglionico, l’”uomo Ikea” o Francesco D’Antonio) e in altre trasmissioni tv (Andrea Moretti in Eccezzziunale veramente su La 7).  Michele Caputo e Benedetta Valanzano conducono in modo esilarante lo show in cui si alterna un parterre di 24 comici che, tra monologhi e sketch veloci, intrattengono il pubblico per 1 ora e mezza di risate garantite.

Colorado Lab è un punto d’incontro per i giovani comici provenienti da tutto il Sud Italia che permette loro di essere selezionati per l’audizione finale per entrare a far parte del gruppo di Colorado Cafè. Una grande opportunità per veri talenti della risata.

Oltre a questi progetti da ottobre 2016 il teatro Zona Vomero darà inizio ad una stagione di prosa con 10 spettacoli in programma e uno spettacolo fisso a settimana. Si parte con “Come sopravvivere ai lavori in casa”, visto il titolo io non vedo l’ora di scoprirlo e voi?

#EVENTI. 23 Aprile 2016.

L’ormai celebre musical Notre Dame de Paris torna a Napoli regalando emozioni a migliaia di calorosissimi fan accorsi al Palapartenope. Io tra loro immersa in un’aura positiva di adrenalina e attesa tra canti, urla e qualche scatto qua e là..

Il fascino irriverente di una gitana che balla per le strade di Parigi.

L’ossessione di un diacono che genera violenza e depravazione.

Il vile opportunismo di un capitano che tradisce i sogni di una donna innamorata.

L’amore incondizionato di un campanaro deforme con il desiderio di proteggere la sua amata.

Entrando vengo subito rapita dalla coralità delle dinamiche sceniche, dall’energia dei ballerini e dalle incantevoli voci dei protagonisti. Le emozioni diventano brividi sulla mia pelle…

 

E mentre sono seduta a godermi lo spettacolo rivivo le sensazioni provate un anno fa a Parigi quando, entrando nella cattedrale di Notre Dame, mi sentì avvolta in un’atmosfera ricca di magia e mistero…

 

Segui le mie avventure in giro per il mondo, dai un’occhiata alla Gallery 😉

#POSTI. 21 Gennaio 2016.

Un posto accogliente con richiami retrò. Libri d’arte e una grande lavagna su cui disegnare pensieri.

Un particolare mix di dipinti e sculture che cattura lo sguardo e accende la gioia.

Mi piacciono i posti così. Posti in cui ti viene voglia di osservare oggetti, toccare superfici, ascoltare storie. Posti in cui ogni dettaglio ti dona         un’ emozione.

Posti in cui anche se vai da solo non ti senti mai solo: bellezza e cultura ti riempiono l’anima saziandola di arte e ispirazione.

E così giovedì scorso sono stata all’ Art Gallery & Salotto letterario di via Bonito 24 per un vernissage. E ho incontrato Giuseppe Tuzzi, artista poliedrico pronto ad arricchire la serata con una sorprendente esibizione.

Cosa può rappresentare un semplice telo nero?

Quali possibilità artistiche può racchiudere?

L’artista comincia a dipingere e, all’ improvviso, l’opera si trasforma in una performance dai risvolti inaspettati..

Il telo prende vita e assume le fattezze di una donna, sul cui corpo Giuseppe continuerà la sua narrazione visiva.

L’immaginazione è la nostra capacità di intuire più di ciò che nel mondo ci si accontenta di aver visto e capito. E quella che chiamiamo creatività , altro non è che il coraggio di esprimere fedelmente quell’ “in più”.

Igor Sibaldi

Giuseppe Tuzzi nasce come illustratore e fumettista. La sua versatilità artistica lo porta ad affacciarsi al mondo della pittura partecipando ad esposizioni nazionali ed internazionali e ricevendo riconoscimenti per merito. Nel suo curriculum vanta prestigiose collaborazioni con municipalità, televisioni, cinema e case editrici.

Hanno scritto di lui: “La ricerca costante della realtà porta Giuseppe Tuzzi ad una visione sempre più interna ed intima delle figure e dei soggetti realizzati, per mostrarne i pensieri più nascosti e più veri. Personaggi grotteschi o pensieri astratti prendono così vita da volti rappresentati alla stregua di maschere; sono i simulacri con i quali i soggetti camuffano al cospetto degli altri la loro vera identità, seguendo le convenzioni comuni che guidano il nostro modo di interagire e di comportarci in società.

 

#EVENTI. 19 Novembre 2015. 

Sorseggiare un calice di vino in un ambiente accogliente, ricco di fascino, circondata da artisti e bellezza.

Sono a #Napoli, all’Art Gallery & Salotto letterario di via Bonito 24 , dove si è svolta la live performance del fotografo Matteo Anatrella. Dopo il successo estivo al Pan – Palazzo delle Arti di Napoli – ritorna Soul & Matrix, Racconti dell’anima, progetto fotografico che vuole essere un viaggio di conoscenza e di esternazione dell’Io.

LA LIVE PERFORMANCE: Una “Soul box”in cui lo spettatore entra, si spoglia e dà forma alla sua anima. Uno scatto per immortalare l’attimo in cui creatività ed emozioni si mescolano. La materializzazione momentanea di un’identità.

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A ciascuno scatto è associato un codice a barre univoco, ricavato attraverso la tipologia “Code-128”, estratto da nome e data di nascita dei soggetti ritratti. Le immagini scattate faranno parte della raccolta del progetto e saranno esposte nelle successive tappe della mostra.

IMG_0291 copiaTra le “anime” rappresentate c’è anche la mia…

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Coloro che hanno posato entreranno a far parte di un racconto itinerante, metteranno in mostra la propria anima, senza rivelare il proprio aspetto, concetto in antitesi con la quotidianità che viviamo“.

Matteo Anatrella

 

#PROVOCAZIONE. 7 novembre 2015. In occasione dell’inaugurazione di Fonderia Aperta salgo a Verona e faccio quattro chiacchiere con Alessandro Capuano, artista eclettico e controcorrente, socio del progetto e responsabile della sezione espositiva.

DSCF2668Alessandro è noto per il carattere provocatorio della sua comunicazione. Nel 2007 tappezzò Verona con un manifesto recante la sua foto in camicia di forza e occhi spiritati con la scritta “Per  qualsiasi cosa chiamami” alla quale era associato il suo numero di telefono acceso h24. Due anni dopo provocò scalpore la sua opera rappresentante il Papa insieme al boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. Oggi torna a Verona con THIS AGIO, in esposizione alla Fonderia Aperta dal 9 al 30 novembre 2015.

DSCF2672La mostra provoca nel visitatore disagio, lo stesso disagio che prova l’artista. È il disagio della società odierna. Una società schiacciata dal flusso mediatico e “appannata” dalla mistificazione dei significati da parte dei poteri dominanti e dei mezzi di informazione.

Alessandro: “Quando assisto a una ingiustizia o a una giustizia attraverso i quotidiani, o immagini in generale, quella cosa mi rimane in testa e continua a tormentarmi fino a quando non la vomito a modo mio per spiegarla agli altri in modo popolare e universale.”

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Nel raccontarmi la nascita di Fonderia Aperta, mi colpisce questa sua frase:

Quello che ci unisce è il coraggio di esprimerci senza vincoli

E già. Perché questo posto è nato con l’obiettivo di essere un contenitore di idee che prendono vita attraverso l’arte e la comunicazione. E si sa,

le idee per volare in alto devono essere lasciate libere.

 

#MAGIA. Napoli, 5 novembre 2015.

UN INCONTRO….MAGICO!

Tutto è cominciato con uno spettacolo.

Ieri pomeriggio al teatro Diana di Napoli era in scena “Brachetti che sorpresa“, ultimo show del famoso trasformista torinese Arturo Brachetti. Erano anni che desideravo godermi un suo spettacolo e finalmente ieri sono riuscita ad accaparrarmi gli ultimi due biglietti della platea. Yuppiii!!!

locandina Brachetti

Lo show è davvero una sorpresa perché Brachetti dà prova di grande eclettismo spaziando dal trasformismo ai giochi di luce fino ad arrivare a toccare le corde dell’anima disegnando sulla polvere, che è tutto ciò che resta del contenuto della sua valigia. Poesia e Risate si alternano in un ritmo piacevolissimo e per 90 minuti mi sento avvolta dalla magia.

A proposito di magia…

Tra gli artisti che si esibiscono in “Brachetti che sorpresa” c’è un giovane illusionista.

Luca Bono

Si chiama Luca Bono, ha 23 anni ed è considerato “l’enfant prodige della magia italiana”. Ieri mi ha colpito e perciò oggi pomeriggio ho deciso di incontrarlo e di farmi raccontare un pezzetto della sua vita.

Come succede che un bambino un giorno va dai suoi genitori e gli dice: “Mamma, papà ho deciso: da grande farò il mago”?

Luca: Non è andata proprio così, è stato più un processo graduale. Ho cominciato ad interessarmi di magia a 13 anni. Ero appassionato di Kart e dopo un incidente sono stato ricoverato una settimana in ospedale. Non lo sapevo ma quella circostanza mi avrebbe cambiato la vita…Mio fratello più grande veniva a trovarmi e, per farmi distrarre, s’inventava giochi di magia. Una volta guarito la cosa mi aveva così divertito che pensai di acquisire qualche tecnica.

E poi cosa è successo?

Luca: Ho scoperto il Circolo della magia di Torino: un posto incredibile dove una cinquantina di “maghi” (sorride) s’incontrano e sperimentano i loro giochi, apprendono nuovi trucchi e li presentano al pubblico. Un posto dove ho imparato tanto anche dal confronto con gli altri illusionisti.

Come hai incontrato Arturo Brachetti?

Luca: Nel 2008 ho partecipato al Congresso Magico Internazionale di Saint Vincent e Arturo ne era il direttore artistico. Cercavano un illusionista che interpretasse il ruolo di Harry Potter e  che fosse capace di far volare una scopa. Ho detto: Eccomi, io so farlo! mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto e due anni dopo, a 17 anni, ho vinto il I Campionato italiano di magia.

Guarda l’esibizione di Luca Bono!

Ti dico la parola Ispirazione, cosa ti viene in mente?

Luca: Ispirazione significa vedere, prendere qua e là: i numeri nascono da una sorta di collage di idee frutto di una mescolanza di stimoli. Quando non sono in tournè non resto rinchiuso in casa ma cerco di andare a vedere musical, concerti, film. Un film che mi ha colpito è Birdman, mi sono molto identificato. E poi quando ero in Francia, Kiss and Cry

Luca è un ragazzo timido, ha due occhi profondi e un bel sorriso. Viaggia per il mondo e cattura stimoli che poi trasforma in magia. Non è fortunato, si allena 5 ore al giorno con dedizione e cura dei particolari. Ha sei colombe bianche che lo accompagnano nei suoi giochi e nella chiacchierata mi racconta dell’attenzione che nutre nell’addomesticarle. Prima di salutarlo gli chiedo una dedica…

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La copy con Luca Bono

Mentre io scrivo questo articolo Luca è sul palco del teatro Diana di Napoli, dove resterà fino all’ 8 novembre con “Brachetti che sorpresa” per poi continuare il tour in giro per l’Italia. In bocca al lupo Harry, è stato davvero un incontro magico!

 

#ARTISTI. 10 ottobre 2015

Intervista doppia ad Andrea Carri e Christian Carlino.

La Copy con Andrea Carri e Delord

In occasione di Piano City incontro questi due giovani compositori. Occhi brillanti, sorriso a 45 denti (capita!) e una grandissima voglia di comunicare il loro mondo. Attraverso la musica. Poiché mi piacciono le storie ho deciso di condividere con voi un po’ di loro attraverso quest’intervista doppia.

So già che li amerete.

1.Raccontaci la tua storia.

Andrea: Suono il piano dall’ età di 6 anni e da allora il pianoforte è una parte della mia anima. Nel 2010 ho iniziato a comporre canzoni per piano solo, un anno dopo ho inciso il mio primo disco e ad oggi ne ho pubblicati 4. L’idea dei dischi è nata per me, perché suonare mi fa stare bene. All’ inizio li distribuivo agli amici ma nel produrre il terzo ho sentito che avevo qualcosa di veramente buono per le mani e allora ho deciso di fare una campagna di raccolta fondi su Music Raiser per realizzarlo al meglio. La campagna è andata benissimo ed è nato Metamorfosi. Da qui c’è stata la svolta: grazie a questo disco hanno cominciato a conoscermi e a chiamarmi per concerti in Italia e all’ estero  (Germania, Polonia, Londra). Poi da questo movimento è nato il quarto disco, Kronos e intanto continua da 3 anni il tour di Metamorfosi in giro per l’Italia.

Andrea Carri

In questi anni ho suonato in molti house concert perché la mia filosofia è:

Se tu mi vuoi sentire, mi chiami e io vengo a suonare a casa tua. Mi piace molto il rapporto diretto con le persone e molti concerti del tour sono andati così. Nella vita faccio l’ingegnere ambientale, dire che la musica è un hobby sarebbe riduttivo, perché di fatto quella per la musica è una passione sfrenata, è amore, mi fa stare bene e poi giro tantissimo. Combinare le due cose non è semplice ma non riuscirei assolutamente a farne a meno.

 Christian “Delord”: Ti racconto un aneddoto.

Avevo 5 anni e i miei genitori mi portarono ad un casting per una pubblicità. Al termine del provino gli organizzatori davano la possibilità ai bambini di scegliere un giocattolo. Erano gli anni in cui il Nintendo andava per la maggiore, era il sogno di tutti i ragazzini.  Entrai in questa “stanza delle meraviglie” e, nonostante avessi il Nintendo davanti agli occhi, tirai fuori dalla catasta di giochi un mini pianoforte elettrico, da due ottave, piccolissimo. Era quella la mia scelta. La mia storia stava iniziando…

Da allora c’è stata un’ evoluzione naturale. Non ho frequentato il conservatorio perché non potevo permettermi di scegliere la musica come unica strada, vengo da una famiglia normale ed ho scelto di proseguire gli studi che mi avrebbero portato ad un lavoro più “sicuro”.

La musica è stata il mio “percorso parallelo”. Ho studiato da autodidatta fino ai 14 anni andando alla ricerca dei suoni, cercando di capire gli accordi, trovando le melodie ad orecchio.

Sono quelli gli anni delle cover band in cui nasce “Delord” da John Lord, bassista dei Deep Purple dove il “De” sta a significare il non volersi prendere troppo sul serio.

Nel 2007 divento il tastierista di una band bolognese con la quale suono all’ Alcatraz di Milano poi nell’ Europa dell’Est. In quel periodo di forte crescita capisco che la musica sarebbe potuta diventare un vero e proprio lavoro e comincio il mio percorso da solista.

Mi divido tra band, progetto di piano solo e lavoro.

Il  2010 è un anno intenso, dopo 40 concerti in giro per l’Italia arriva la rottura con la band e decolla l’attività da solista. Oggi ho un seguito forte all’ estero: In Messico, India, Turchia, Europa dell’Est,  Francia, Germania scaricano i miei brani, mi ascoltano su Spotify e su altri servizi di streaming. Questo mi rende felicissimo perché è il risultato che speravo di ottenere.

Delord al piano

La musica va condivisa con tutti, il racconto delle emozioni è fondamentale in ciò che faccio.

2. Ti siedi al piano. Cosa succede dentro di te?

Andrea: Mi siedo al piano e di fatto cambia la mia vita perché il piano per me è lo strumento per comprendermi meglio e per fare un po’ i conti con me stesso. Quando ho dei dubbi, sono stressato, ho delle domande, ho bisogno di riflettere mi siedo al piano e trovo le mie risposte.  Mi rilasso, mi serve a chiarire meglio chi sono e cosa voglio.

Quando mi avvicino al piano s’inizia a muovere qualcosa dentro di me.

A casa mia ho una stanza un po’ isolata dal resto. Quando compongo mi ci chiudo dentro e si apre un altro mondo fatto di me e musica. La musica mi fa stare bene, mi entra dentro, mi fa vibrare certe corde che di fatto cambiano il mio umore e la mia vita. Le mie canzoni sono estremamente autobiografiche, riflettono le emozioni, le paure e le domande che provo in un preciso momento.

Christian: È come se io mi dividessi in due persone differenti. Mentre suono c’è un’ altra parte di me che si stacca e prova a “sentire” le persone, si chiede chi sono, cosa fanno, perché sono lì, dove vivono. Viaggio con la mente, un po’ come capita quando si fa meditazione.

È una delle cose che mi emoziona di più in assoluto. 

3. Cosa significa comunicare attraverso la musica?

Andrea: Comunicare in musica significa arrivare a tutti. La musica è l’unico linguaggio universale. Non serve un alfabeto né un dizionario, posso “parlare” in musica con un coreano e ci capiamo al volo!  inoltre attraverso le sue vibrazioni la musica arriva molto più in là delle parole perché certe cose sono davvero inesprimibili . Uno dei motivi per i quali adoro gli house concert è che la gente è così vicina al pianoforte che è come inglobata in un’atmosfera magica e riesco a comunicare ancora meglio ciò che voglio esprimere suonando.

Christian: Regalare emozioni. Un grande compositore un giorno ha detto: “Un bravo musicista deve unire testa e cuore per arrivare alla gente”. Attraverso la mia musica cerco di veicolare dei messaggi e di innestare una riflessione nelle persone che mi ascoltano.Delord4. Come nasce una canzone?

Andrea: È difficile dirlo. Dipende. Per me nasce da un’ emozione legata ad un momento della mia vita e dalla mia voglia di comunicarla attraverso il piano.

Mi lascio andare e la musica fluisce quasi da sola. La melodia base nasce così, in maniera spontanea ed imprevista, poi c’è una seconda fase più “razionale” in cui mi siedo a tavolino e penso a come rendere al meglio l’idea che ho avuto, quindi a creare l’armonia, eventuali arrangiamenti con altri strumenti.

Christian: Nella norma i pianisti scrivono sul pentagramma e creano la canzone. Non avendo avuto una formazione accademica non so scrivere la musica dunque compongo direttamente al piano. Le mie melodie nascono da una sorta di casualità mentre cammino, mentre faccio la spesa, in un momento di relax sul divano. Quando accade per prima cosa registro sul cellulare quello che mi è venuto in mente, poi elaboro i suoni e cerco di metterli insieme. Arrivato al piano cerco di trasformare l’idea in un brano.

5. Qual è la canzone che senti più tua, quella che rispecchia maggiormente il tuo mondo interiore e perché?

Andrea: Il brano s’intitola Passeggiata alla ricerca di me stesso è l’ ultima canzone del terzo disco, (Metamorfosi) la sento più mia perché riflette tutto quello che sono. E’ un pezzo lentissimo (dal vivo la suono ancora più lenta) fatto di poche note ciascuna delle quali ha un peso immenso.

Non servono tante parole per comunicare qualcosa, amo la semplicità per cui non amo mettere troppi ghirigori nelle mie canzoni (in questo mi sento molto “PinkFloydiano”) preferisco ricercare la nota che dia davvero un senso a quello che voglio esprimere. Passeggiata è un dialogo alla ricerca della nostra interiorità. Viviamo in un mondo in cui c’è troppo rumore. Avvolti dal caos e dalla frenesia ci perdiamo fino a diventare persone molto diverse da ciò che siamo realmente. Poi arriva il momento in cui ci fermiamo a riflettere e ritroviamo noi stessi. La passeggiata nel bosco simboleggia il ritrovarsi ed il ruscello alla fine del sentiero rappresenta la catarsi, il lavar via i peccati, il ritorno all’ essenza di noi. La scelta di inserirla come pezzo finale del disco Metamorfosi non è casuale; Passeggiata rappresenta la tappa finale del cambiamento, la metamorfosi si è compiuta.

Christian: Il “mio” brano è Incompreso. In questa canzone racconto i sentimenti di un ragazzo che vive in un paesino di provincia, considerato “strano” solo perché vuole inseguire il suo sogno.

Quel ragazzo ero io. Dopo il trasferimento a Modena ho capito che la realtà che è dentro di noi esiste fuori dobbiamo solo trovare le motivazioni che ci spingano ad andarla a cercare.

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